4240: fumo negli occhi.

Quattromiladuecentoquaranta pacchetti di sigarette incollati su una struttura di
polistirolo per 4,33 metri di altezza. E’ la personalissima Statua della Libertà di
Rosario Scrivano, installazione che trasuda indignazione per l’assuefazione ormai
mondiale alle guerre.
Sono molti i simboli che segnano l’osmosi tra realtà e arte in quest’opera.
L’assuefazione appunto, assuefazione al fumo – gesto quotidiano – e alla violenza
perpetrata in molti angoli del globo nell’indifferenza generale. La mitraglietta al
posto della fiaccola, un testo macchiato dal sangue al posto della Dichiarazione
d’Indipendenza, sono altri simboli di quest’opera spiazzante e riflessiva.
“Smokescreen”, fumo negli occhi, è una scultura ultracontemporanea per stile,
tecnica, messaggio. Infatti, i comunissimi e quotidiani pacchetti di sigarette,
contestualizzati nella struttura portante (l’ossatura integrale) dell’opera assumono
un nuovo e più dirompente significato. Se la vera Statua della Libertà newyorchese
rappresenta in qualche modo l’ingresso dell’umanità nella modernità, l’installazione
di Rosario Scrivano rimanda a una modernità crudele e inaccettabile – quella della
guerra – per la quale l’umanità sta letteralmente barattando la propria esistenza.

Giovanni Crotti, curatore d’arte

“Con #Smokescreen, Rosario Scrivano urla la sua indignazione verso i tanti conflitti che insanguinano il mondo e verso l’indifferenza alla sofferenza che regna sovrana. E lo fa con due concetti basilari dell’arte contemporanea: l’analogia e il ribaltamento.

Analogia perché riprende un’icona del nostro tempo, la Statua della Libertà. Ribaltamento perché la trasfigura rappresentandola come una soldatessa da bandire.

Al confine tra l’arte povera e la pop art, Scrivano usa un materiale insolito: ben 4240 pacchetti di sigarette, dai quali, con un corpo a corpo ossessivo, ha cancellato la dicitura IL FUMO per lasciare la seconda parte del messaggio: UCCIDE.

E sempre in sintonia con le neo avanguardie degli anni ’60, l’artista usa un oggetto molto familiare e quotidiano, il pacchetto di sigarette, per confezionare quasi una fusion jazzistica”.

Giovanni Crotti, curatore d’arte