La pittura come espressione dello spirito : un soggetto che cattura la mente , e la mano che , quasi come entità autonoma , si muove abile sulla tela e restituisce un’immagine .

Così capita a Rosario Scrivano , pittore piacentino ma nativo di Palermo , che da circa diciotto anni ha trasformato quello che era in nuce un semplice estro in vigorosa forma d’espressione .

Utilizzata in un primo tempo per sfuggire ad un grande dolore e divenuta poi un’indispensabile compagna di vita.

Il talento artistico messo in evidenza fin da bambino non è stato addomesticato da nessuna Accademia , non ha dovuto fare i conti con quei cerebralismi che pullulano nelle scuole e che spesso incrostano la genuinità dell’ispirazione .

Egli stesso , parlando delle tecniche che utilizza , sostiene : < Dipingo prevalentemente a olio su tela o legno , sono alla continua ricerca e non si è mai finito di crescere e migliorarsi >.

La pittura rimane una passione e un bisogno : non vuole trasformarla in mestiere ed è contrario alla mercificazione dell’arte .

Scrivano definisce il suo stile un < Iperrealismo in un mondo surreale > e spiega : < L’iperrealismo fa parte del mio carattere : amo le cose chiare , pulite . Vorrei che tutto fosse limpido e non esistessero i tradimenti . Siccome so che tutto ciò non è possibile se non in ambiti utopici e ucronici che quindi con la realtà non hanno nulla da spartire , lo sfondo su cui colloco le mie figure , il contesto di cui le circondo è surreale > .

E il tratto saliente di Scrivano artista è proprio quello di stare in posizione interlocutoria di fronte ai più diversi stili , riproducendo con fedeltà persone , oggetti e ambienti e cedendo al contempo ad immagini lontane che riaffiorano inattese e alle suggestioni dell’intimo .

Azzardando una similitudine possiamo dire che Scrivano si muove come un funambolo sopra una corda sospesa su una distesa di richiami disparatissimi . Così può capitare che in un tipico paesaggio meridionale su cui campeggiano due figure maschili a cavallo , un burattino verde faccia capolino squarciando la tela . A destabilizzare l’osservatore portandolo in una dimensione ambigua sospesa tra realtà e sogno .

( Simona Peruzzetto – 1998 )